La nostra regione

Le Marche

Regione amministrativa dell'Italia centrale. Affacciata a est sul mare Adriatico, confina con l'Emilia-Romagna e con la Repubblica di San Marino a nord, con la Toscana e con l'Umbria a ovest, con l'Abruzzo e per un breve tratto con il Lazio a sud. Il mare a est e l'Appennino a ovest delimitano nettamente su due lati il territorio marchigiano; il confine settentrionale non poggia su elementi fisici, quello meridionale è segnato in parte dal tratto finale del fiume Tronto. È ripartita nelle province di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata e Pesaro e Urbino; il capoluogo di regione è Ancona.

Il nome della regione (usato ufficialmente nelle forma plurale di "Marche" solo a partire dal 1815), deriva dal tedesco Mark e indica un insieme di territori di frontiera, "di marca" appunto, istituiti nel Medioevo, rimasti a lungo divisi e col tempo aggregati in una sola unità amministrativa. Le Marche presentano un`estensione per 9690 km2 e hanno una popolazione di 1.450.000 abitanti circa.

 

Storia

Sono innumerevoli i reperti e la documentazione preistorica e protostorica, che ha contribuito in gran misura a renderci note le linee fondamentali delle più antiche vicende umane di questa regione: si ricordano gli influssi celtici, la presenza di alcune necropoli dell'età del Ferro, e le tracce lasciate dagli etruschi e dai greci (la fondazione di Ancona, per opera dei siracusani, risale al 390 a.C.). In età preromana l'area corrispondente all'odierna regione delle Marche era abitata a sud dell'Esino dai piceni, che mantenne una propria autonomia almeno fino al I secolo a.C., quando vennero anch'essi completamente romanizzati.

I piceni, di probabile origine non indoeuropea, si stabilirono nella regione fin dal Neolitico, sviluppando nel corso del I millennio a.C. una cultura fortemente unitaria, caratterizzata dall'impiego del rito funebre inumatorio e da una lingua ricca di influenze illiriche, testimoniataci dalle iscrizioni ritrovate nel sito di Novilara, nei pressi di Pesaro. Dopo aver raggiunto un alto grado di sviluppo già nel IX secolo a.C. la cultura dei piceni raggiunse l'apogeo nel VII e nel VI secolo a.C., all'interno di un circuito di rapporti economici e culturali con l'Etruria, l'Apulia e la penisola balcanica. A questo periodo appartengono le ricche necropoli di Novilara, Fabriano, Alfedena e Capestrano; da quest'ultima proviene uno dei capolavori della scultura italica, il cosiddetto Guerriero di Capestrano (conservato al Museo archeologico nazionale di Chieti), riflesso di una società aristocratica fortemente conservatrice dal punto di vista politico e culturale. Sottomessi a Roma dal 269-268 a.C., i piceni entrarono rapidamente nel quadro della compagine politica romana, anche attraverso un intenso processo di colonizzazione del territorio: fu proprio ad Asculum (Ascoli Piceno) che nel 91 a.C. scoppiò la rivolta degli italici, che chiedevano di poter usufruire a pieno titolo della cittadinanza romana.

 

Civiltà picena

Guerriero di Capestrano
La famosa statua del Guerriero rinvenuta a Capestrano (in provincia dell'Aquila), conservata oggi nel Museo archeologico nazionale di Chieti, si caratterizza per la semplificazione geometrica delle forme e le dimensioni monumentali (è alta 209 cm), ed è espressione del gusto artistico dei Piceni. La scultura, in calcare, risale al VII-VI secolo a.C. ed era posta probabilmente su una tomba: rappresenta un guerriero in tenuta da parata, con elmo-copricapo, spada, protezioni corazzate leggere sul petto e sulla schiena.

 

Con l`avvento delle invasioni barbariche il frazionamento della regione venne accentuato, fu sottomessa al regno longobardo nell'area meridionale, mentre gli spazi settentrionali vennero integrati nelle pentapoli dipendenti dall'impero bizantino (esarcato di Ravenna).

Intanto si rafforzava la giurisdizione ecclesiastica, così che sotto il regno dei franchi si costituirono i primi nuclei del futuro Stato della Chiesa, definitivamente affermatosi con Innocenzo III. Fu allora che la regione acquisì una fisionomia simile a quella della regione attuale, se si esclude la presenza di forti signorie feudali, come i Malatesta a Rimini, Fano e Pesaro, e i Montefeltro a Urbino. Si instaurò allora un rapporto conflittuale tra papato e signorie locali, nel quale si inserì il movimento comunale, che accentuò ulteriormente il frazionamento politico. L'azione unificatrice della Chiesa poté dirsi completata all'inizio del XVI secolo, periodo in cui solo il ducato di Urbino rimaneva indipendente dallo Stato pontificio.

 

Berruguete

Federico da Montefeltro con il figlio Guidobaldo

Questo prezioso ritratto, dipinto da Pedro Berruguete sul finire del Quattrocento e oggi conservato presso il Palazzo Ducale di Urbino, celebra i diversi aspetti della figura di Federico da Montefeltro. Il drappo rosso e l'ermellino sono emblemi del potere; l'armatura e l'elmo alludono all'arte della guerra; il libro aperto suggerisce l'idea dell'amore del duca per le lettere e le arti.

 

Le Marche pontificie non conobbero né contrasti né trasformazioni di rilievo durante i secoli XVII e XVIII, fino all'occupazione di Ancona (1796) da parte dei francesi e alla proclamazione, per iniziativa dei giacobini, della repubblica anconetana, che nel 1798 venne incorporata alla Repubblica Romana. Le Marche furono annesse nel 1808 al Regno d'Italia.

Con la Restaurazione venne ripristinato lo Stato della Chiesa, ma ciò non fu sufficiente a spegnere le aspirazioni di rinnovamento, fertile terreno per la diffusione delle società segrete e quindi delle organizzazioni democratiche promosse da Mazzini. La seconda guerra d'indipendenza coinvolse in modo deciso anche le Marche che con la battaglia di Castelfidardo, combattuta tra l'esercito piemontese e le truppe pontificie, aprì la strada all'annessione al Regno d'Italia, ratificata da un plebiscito. Nel 1914, alla vigilia della prima guerra mondiale, Ancona fu al centro di un violento moto di protesta, chiamato la settimana rossa, di tono preinsurrezionale, guidato da socialisti, repubblicani e anarchici per protestare contro l'eccidio poliziesco compiuto durante una manifestazione antimilitarista. La seconda guerra mondiale vide il movimento di Resistenza al nazifascismo operare nelle zone appenniniche e preappenniniche. Nel secondo dopoguerra le Marche hanno conosciuto un rapido sviluppo della piccola e media industria, accanto alla crescita di una moderna agricoltura.

 

Territorio

Le Marche, la cui forma ricorda un rettangolo, comprendono l'intero versante adriatico dell'Appennino umbro-marchigiano; il territorio è costituito per due terzi da colline e per un terzo da montagne, mentre mancano delle vere e proprie pianure. Al pari dell'Umbria e della Toscana, le Marche sono dunque una tipica regione collinare: l'altitudine media è di 500 m di quota. La forma del territorio nelle sue linee generali è semplice: nella parte più interna si sviluppa, in direzione meridiana, l'Appennino umbro-marchigiano, formato da una serie di quinte, in linea di massima sempre più elevate e compatte col procedere da nord (dove, con il monte Fumaiolo, di 1407 m, si saldano all'Appennino tosco-emiliano) verso il centro, dove si innalza l'aspro massiccio calcareo del Catria (1702 m), e ancor più verso sud, dove il sistema culmina, al confine con l'Abruzzo, nei monti Sibillini (monte Vettore, 2478 m), dai caratteri nettamente alpestri. Quasi tutti i più agevoli valichi appenninici tra le Marche e l'Umbria si concentrano perciò nella sezione settentrionale (Bocca Trabaria, 1049 m; Bocca Serriola, 730 m; passo della Scheggia, 575 m). Dall'Appennino poi si dipartono le dorsali secondarie, definite anche come Subappennino, tra loro parallele, intercalate dalle valli in cui scorrono i fiumi diretti al mare. È questa la vasta fascia collinare, che giunge sino all'Adriatico con dossi tondeggianti, in genere via via meno elevati; ma proprio sulla costa si erge un promontorio dirupato, quello del Conero (572 m), che in effetti, anche per la sua natura rocciosa, viene ritenuto un'estrema propaggine dell'Appennino vero e proprio.

Il litorale, quasi ovunque diritto e non adatto ai porti, si sviluppa per 175 km, immediatamente ai piedi delle colline; in alcuni tratti la larghezza della fascia costiera si restringe addirittura a poche decine di metri. I fiumi sono numerosi; scendono ripidi all'Adriatico, pressoché paralleli l'uno all'altro, con andamento cioè a pettine, e a volte con gole incassate (ad esempio la Gola del Furlo, incisa dal torrente Candigliano, affluente del fiume Metauro). Hanno tutti un bacino idrografico esiguo, così come modesta è la lunghezza del loro corso, in genere inferiore ai 100 km; hanno regime torrentizio, con magre molto forti nei mesi estivi e due massimi, in primavera e in autunno. Si ricordano il Foglia (90 km), che sfocia presso la città di Pesaro, il Metauro (110 km), che raggiunge il mare all'altezza della cittadina di Fano, e il già ricordato Tronto (115 km), che segna per un certo tratto il confine con l'Abruzzo.

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